La Biblioteca conserva un prezioso patrimonio di manoscritti danteschi che spaziano dal tardo Trecento al Quattrocento, caratterizzati dalla loro notevole quantità e qualità. Tra essi, si contano settantasei esemplari della Divina Commedia, quindici della Vita nova e otto del Convivio. La dottoressa Pinzauti ne illustra tre. Il primo è il Palatino 313, considerato tra i più antichi per la sua vicinanza all'epoca di Dante, con annotazioni di Jacopo di Dante Alighieri che mirano all’esegesi allegorica. Questo prezioso manoscritto su pergamena, con miniature attribuite a Pacino di Bonaguida, pittore fiorentino della prima metà del Trecento, rappresenta una testimonianza significativa della diffusione del testo dantesco poco dopo la morte dell'autore. Il secondo esemplare, Banco Rari 39, anch'esso su pergamena e decorato in stile tardo-gotico lombardo, contiene la Divina Commedia con il Commento di Francesco da Buti, frate e maestro di grammatica, importante anche per la sua provenienza dall'Accademia della Crusca. Infine, il Banco Rari 215, un manoscritto di gran pregio, con un profilo di Dante e una decorazione “a bianchi girari” all’inizio di ogni cantica, appartenuto a Francesco Sassetti fiorentino, banchiere di fiducia dei Medici. Si diceva a bianchi girari un tipo di ornamentazione, nato in epoca carolingia e ripreso poi nel Quattrocento dalle officine di Firenze, basato su intrecci in forma di bianche e sottili strisce, sinuose e circolari.