Caravaggio fu processato a Roma nel 1603 insieme a Orazio Gentileschi e a Onorio Longhi. È un processo importante per ricostruire la vita di Caravaggio, ma soprattutto è l’unico processo in cui Caravaggio parla di pittura, quindi è rilevante anche dal punto di vista della storia dell’arte.
In questo processo c’è il suo conflitto con Giovanni Baglione, che accusa Caravaggio di un’offesa portata, in una poesia anonima, a lui stesso e a Tommaso Salini, suo amico. Per questa ragione il giudice gli chiede che cosa pensa di Baglione e ne nasce una disquisizione sulla pittura e sui pittori che circolano a Roma e sull’opinione che Caravaggio ha di loro, documento importante per conoscere le sue idee sulla pittura. Questo processo è passato alla storia come il “Processo del Valent’huomo”, perché Caravaggio distingue i “valentuomini” dagli uomini non valenti: i valentuomini in pittura sono quelli che sanno «depinger bene, et imitar bene le cose naturali». Michele Di Sivo presenta il volume di millecinquecento carte, circa tremila pagine, in cui è compreso il processo a Caravaggio del 1603.